La senti nell'aria. La giornata perfetta. E' un po' come il
film del regista Wolfgang Petersen (la tempesta …), tutti gli elementi giusti al
momento giusto. Tutto si fonde per scaturire nella perfezione, ogni fattore
raggiunge l'apice per regalarci ciò che il pescatore riesce a cogliere una
volta, se ha molta fortuna, durante l'anno.
Questa è la storia di un giorno
memorabile, uno di quelli che raramente si dimenticano, anzi uno di quelli che
incornici nei meandri della memoria.
E' un pomeriggio di metà Marzo; caldo afoso per l'assenza quasi completa di
vento. Io e il mio compagno inseparabile di mille ed una avventura di pesca alla
trota, Antonio Laddomata, decidiamo di scarpinare lungo un tratto di torrente
sui monti del centro Sardegna. Molti di voi si stupiranno del fatto che nella
mia isola ci sia una ricchezza di salmonidi da far invidia al più fiorente paese
scandinavo.
Ebbene sì! Le trote abbondano, e soprattutto sono tutte autoctone.
Macrostigmate e fario selvatiche a go go …
I numerosi anni trascorsi lungo i torrenti di montagna,
fossero essi sardi o continentali, mi hanno portato a discernere quali fossero
gli spot migliori durante una determinata stagione. Questi lassi di tempo non
sono purtroppo di lungo spessore e possono durare poche settimane.
Mentre nel
nord Italia la pesca alla trota entra nel vivo dal mese di maggio per terminare
con le prime piogge autunnali, in Sardegna l'apice si raggiunge proprio nelle
due, massimo tre, settimane a ridosso dei mesi di Aprile – Maggio.
Gli spot
durante questo periodo sono ideali; acque della giusta portata, piante
acquatiche presenti ma non in quantità eccessive e soprattutto predatori in
forte attività.
L'abilità del pescatore sardo deve essere la flessibilità
mentale sulla localizzazione dei pesci. Nel giro di pochi giorni infatti
possiamo trovare tutte le trote riunite all'interno di profonde buche, mentre
solo poche settimane prima scorazzavano, in caccia, nelle acque più turbolente
del torrente.
Sappiamo tutti che questo comportamento è fisiologico nei torrenti
sardi; nel breve lasso di tempo di un mese le acque di alcuni torrenti possono
letteralmente prosciugarsi e l'unica via di salvezza per i salmonidi nostrani
sono appunto le profonde cave scavate dal turbinio dell'acqua durante i
millenni.
Anche a questo punto però dovremo essere bravi ad individuare
la posizione del pesce. E' di fondamentale importanza infatti riuscire ad
effettuare, nella medesima buca, il minor numero di lanci possibili con le
maggiori catture portate a termine.
Sbagliando l'hot spot mettiamo a rischio la
possibilità di attacco sulla nostra esca artificiale; gli inevitabili rumori
dovuti all'impatto dell'artificiale sull'acqua, dapprima incuriosiscono il
predatore ma in brevissimo tempo iniziano ad insospettirlo fino a spaventarlo
del tutto. Perciò è importantissimo valutare con un attento studio del "campo"
l'esecuzione del lancio. Anche qui l'esperienza è l'elemento preponderante che
può trasformare una battuta di pesca da un successo clamoroso ad un cappotto
ancor più fragoroso.
Se i flussi sono ancora sufficientemente vigorosi io
preferisco iniziare appena sotto le immissioni d'acqua, dove i predatori ancora
risiedono in attesa di prede in balia dalla corrente. Quando invece le acque
iniziano ad essere più lente, allora tendo a preferire le parti centrali od
addirittura finali di una cava, dove con maggiore probabilità si concentreranno
le schiuse di insetti o saranno presenti animali acquatici come scarafaggi o
girini.
Vista la presenza di un sole accecante preferiamo montare un rotante
Aglia Long
n. 2 di colorazione oro a pallini neri ed un Black Fury della Meps, sempre
del n. 2, dalla paletta nera ed i pallini arancione.
Mai scelta fu più azzeccata;
il primo lancio, quello che ogni pescatore effettua per verificare il buon
funzionamento dell'artificiale, senza alcuna pretesa di cattura o quasi, regala
la prima preda. Una bella fario da circa trenta centimetri si nascondeva sotto
un masso in attesa della primo boccone su cui scagliarsi.
La cosa sbalorditiva
non è stato l'attacco fulmineo e deciso sul rotante, quanto l'aggressività
dimostrata dal pesce appena sentito il rumore di una possibile preda cascata in
acqua.
Quasi contemporaneamente Antonio ferra un'altra trota delle
stesse dimensioni; neanche due giri di manovella e l'artificiale è attaccato dal
pesce con cieca cattiveria.
Dopo circa mezz'ora di pesca contiamo già undici catture su
appena una ventina di lanci effettuati, praticamente un pesce ogni due lanci. Il
sole finalmente inizia a calare sull'orizzonte e la morsa della calura si
attenua ogni minuto che passa.
Purtroppo ci accorgiamo che i nostri viveri
scarseggiano e di conseguenza la sofferenza per il razionamento dell'acqua ci fa
patire oltre ogni misura. Ma non ci scoraggiamo. Sappiamo che le ore prossime al
tramonto sono le migliori e possono regalarci catture di esemplari apatici
durante le ore più calde della giornata.
Le ombre iniziano ad allungarsi, la
luce diviene più tenue. La scelta del rotante deve essere di conseguenza;
un
artificiale dal colore leggermente più acceso può trasformarsi nell'arma
vincente. Antonio lega al terminale un Aglia Long n. 1 con pallini blu,
mentre io decido sempre per un Black Fury n.o 2 dalla paletta argento ed i
pallini "chartreuse".
Le fasi di avvicinamento al torrente devono effettuarsi, ancor di più in queste
situazioni, con estrema cautela cercando di non proiettare alcuna ombra in acqua
ed evitando assolutamente rumori bruschi che spaventino irreparabilmente il
pesce. L'accostamento agli spot migliori deve essere fatto in maniera quasi
militaresca, "a modo di passo del leopardo", giungendo in prossimità dell'acqua
quasi strisciando:
Gli sforzi per fortuna non sono vani e le catture si
susseguono in un alternarsi di fario e macrostigma tutte di ottime dimensioni,
tra i 25 ed i 30 centimetri.
L'ultima emozione però devo ancora viverla sotto
gli occhi del mio amico Antonio; accostatici ad una buca profonda inizio una
serie di lanci, precisi al millimetro, sotto i rami sporgenti di un fico
selvatico. Due, tre volte. Quasi demordo, fin quando capisco che il possibile
predatore deve avere la testa rivolta verso monte appena sotto un rivolo d'acqua
che si immette lateralmente al corso principale. Strike.
Sono bastati appena una
trentina di centimetri perché l'artificiale entrasse nel cono visivo di uno
stupendo esemplare di macrostigma. Mi accorgo da subito, dalla potenza del pesce
e dalla sua caparbietà, che si tratta di una cattura speciale. Non bastava il
caldo asfissiante, ci si è voluta mettere anche una trota di 44 centimetri e del
peso di quasi un chilogrammo, a farmi sudare le cosiddette sette camice.
Foto di rito ed il pesce viene liberato:
L'ora è ormai tarda e l'arsura quasi insopportabile; la
strada da percorrere ancora lunga. Zaino in spalla, cestini vuoti, ("We support
catch and release"), ci dirigiamo su per il crinale in direzione della sospirata
auto.
E' quasi impossibile descrivervi, per mancanza di spazio e di parole, tutte le
trentadue catture effettuate. Con questo articolo ho voluto solo accennarvi e
farvi rivivere parte dell'emozione provata in una delle poche "giornate
perfette" che un pescatore, fortunato, si trova di fronte lungo la sua vita.
Una
di quelle che si raccontano ai nipoti.
Domenico Demuru
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