Grandi profondità e grandi pesci: questo è il bolentino di
fondale. Una tecnica che promette, e spesso mantiene, ottime pescate, fatte di
esemplari di taglia e di grande bontà in cucina.
Per non andare incontro a cocenti delusioni, bisogna subito
precisare che il successo, oltre all'imprescindibile fortuna, si basa su due
precisi aspetti: il luogo giusto e le attrezzature adeguate. È chiaro che in
mezzo al mare, magari a decine di miglia dalla costa, non tutti i punti sono
buoni; anzi, è più vero il contrario, ossia che poche sono le zone adatte a
questa particolare disciplina.
Bisogna perciò trovare una secca, un innalzamento di fondo,
una zona rocciosa o detritica, una brusca depressione, una serie di canaloni o
fossate. Insomma, un luogo adatto alla vita e all'accrescimento degli esemplari
che ci interessano, con in più la prerogativa di essere inaccessibile ai
pescherecci a strascico.
Generalmente questi luoghi sono conosciuti, e alcuni
addirittura riportati con dovizia di particolari sulle carte nautiche, comprese
quelle elettroniche ormai estremamente diffuse sui GPS
cartografici. Trovare però il punto preciso dove calare le lenze è il
frutto di esperienza e tenacia, con delle inevitabili uscite a vuoto. Uscite a
vuoto che non devono scoraggiare, ma solo farci capire gli errori e provvedere
di conseguenza.
In questa fase, che possiamo definire di ricerca, è
indispensabile un ottimo ecoscandaglio, che
individui la conformazione del fondo e le sue principali caratteristiche.
Bisogna comunque mettere in conto, lo ripetiamo, tentativi e prove su zone e
fondali diversi, sperando in un'abboccata che andrà memorizzata per tornare
successivamente in quella posizione e sperare di avere la conferma di aver
finalmente trovato il punto giusto.
La tecnica da usare è tutto sommato semplice, ma occorrono
degli attrezzi dedicati ai quali bisogna prestare la massima attenzione.
Innanzitutto occorre un sistema di recupero, che consiste di frequente in un
salpabolentino elettrico. Oltre ad essere
solido ed affidabile, deve avere una buona frizione ed una potenza tale da non
soffrire neppure nelle condizioni più estreme, rappresentate da un pesce di
taglia esagerata o da un incaglio difficile da risolvere.
La bobina avrà una
quantità adeguata, quantificabile in circa mille metri, di trecciato da 80 o
130 libbre, che porterà all'estremità inferiore una
robusta girella con moschettone. A questo viene agganciato il
terminale vero e proprio, costituito da una madre lenza in nylon di diametro non
inferiore allo 0.80, con una serie di braccioli collegati con un sistema di
snodi indispensabili per scaricare le torsioni.
L'amo, innescato con la
sardina o col totano, deve avere una buona robustezza e una misura compresa tra
l'1/0 e il 6/0, in funzione delle probabili prede.
Prede che saranno costituite prevalentemente da occhioni, sugarelli,
pesci sciabola, naselli e, più raramente, cernie e
squali di diverso genere. Ma le sorprese sono all'ordine del giorno, e
rappresentano un ulteriore motivo per spingersi al largo a cercare le grandi
profondità.
Eros Bianchi
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