Ottobre 2006
Finalmente è giunto l'autunno, con le sue nebbie mattutine
che avvolgono i campi, e i segugi dal pelo imbrattato di fango gocciolante che
accorrono al richiamo dei cacciatori. I numerosi branchi di muggini che hanno
popolato il fiume durante tutta l'estate sono ritornati alla volta del mare,
abbandonando definitivamente le acque dolci in favore di quelle salate; con
essi, anche i pescatori più anziani si sono allontanati dal Piave, preferendo
dedicare il loro tempo al vino nuovo e al gioco delle carte.
Nonostante il cefalo sia effettivamente la preda più
ricercata di questo fiume, in quanto presente in abbondanza in certi periodi
dell'anno, e relativamente facile da catturare, non dobbiamo dimenticare che
l'ecosistema fluviale è ricco di svariate altre specie ittiche, quali carpe,
cavedani, persici reali, anguille, ma soprattutto
lucci.
È ottobre inoltrato; di certo la temperatura dell'acqua ha
cominciato ad abbassarsi e di conseguenza ad ossigenarsi.
(E' noto che la solubilità di un gas in un liquido è inversamente proporzionale
alla temperatura, oltre che ad altre variabili. In particolare, la solubilità di
O2 in acqua passa da 8.3 mg/l a 25°C, a 13.9 mg/l a 4°C).
La temperatura e l'ossigenazione giocano un ruolo importante
nell'attività delle diverse specie ittiche. Il luccio, in particolare, predilige
temperature comprese tra 8-15 °C. Per questa ragione risulta difficile
catturarne nei mesi estivi; anche se un pescatore locale (poco affidabile, a dir
la verità) sostiene di averne preso uno in pieno agosto, una decina di anni fa.
In questa stagione inoltre, il cielo plumbeo e la nebbia
persistente favoriscono la strategia di caccia del luccio, poiché riesce a
nascondersi più facilmente, pronto a sferrare il suo attacco in agguato
nell'ombra.
Siamo quasi alla fine del mese di ottobre, e le condizioni
sono ideali per sperare di catturare un bel esocide.
E' mattino presto quando esco di casa, infilo la canna da spinning in macchina e
imbocco la strada che mi porterà verso la mia destinazione. È un peccato che il
mio socio, Nicolino, abbia declinato l'invito, ma la notte scorsa ha preferito
provare ad insidiare qualche passera (non di mare), e di certo avrà fatto tardi.
Assente Giustificato.
Ho il sapore dell'autunno in bocca, e sono molto fiducioso.
Dopo aver attraversato un'umida selva di acacie e rovi,
d'improvviso il fiume mi appare in tutta la sua magnificenza di colori
autunnali. L'acqua di un azzurro-verde caratteristico risalta sul paesaggio. Non
più torbido e vagamente rossiccio a causa delle microalghe, come sovente appare
nei mesi estivi, il Piave ha iniziato quel percorso che lo renderà cristallino,
quasi trasparente, nel cuore dell'inverno.
Fiume Piave, Ottobre 2006
Sulla mia destra, i possenti pilastri del ponte
dell'autostrada troneggiano immersi al centro del fiume, sostenendo un breve ma
strategico tratto di A4. I miei stivali di gomma verde affondano nel terreno
sabbioso, e rimango per un momento ad ascoltare le goccioline di umidità che
s'ingrossano all'apice delle foglie, per poi precipitare, gravide del loro peso,
schioccando sonoramente sull'acqua.
È un peccato interrompere tanta poesia, ma impugno la canna e
scruto il fiume; questa volta da tutt'altro punto di vista. La pesca inizia.
Per quanto molti dei miei amici sostengano che il triotto
vivo e il morto manovrato (mort manié) siano le tecniche più efficaci per
catturare i lucci, trovo che risultati altrettanto buoni si possano ottenere con
lo spinning. Di certo le prime due risultano più indicate, ma la tecnica
spinning ha il vantaggio di essere più agile e di gran lunga più semplice.
Sul mulinello ho imbobinato un filo di nylon di 0.25 mm di
diametro. Probabilmente è un filo troppo sottile per il luccio, ma è piuttosto
buono, e con un diametro di queste dimensioni riesco a lanciare e controllare
meglio l'artificiale. Inoltre, come alcuni riportano, il luccio è un pesce che
caccia utilizzando principalmente la vista, e data la scarsa torbidezza
dell'acqua, ritengo che in questo modo l'esca possa presentarsi in modo migliore
durante l'azione di recupero. Come terminale uso un cavetto d'acciaio di 15 cm
con girella e moschettone, il quale mi consentirà di cambiare l'artificiale con
semplicità.
Montatura impiegata per insidiare il luccio con la tecnica
spinning
Per il primo lancio scelgo un minnow di
9 cm affondante (sinking) con testa rossa e corpo bianco. Lo
lancio il più distante possibile al centro del fiume, giusto per farmi un'idea
della corrente, e lo lascio affondare lentamente. In questa stagione molti
consigliano di recuperare in modo tale che l'esca si muova a fil di fondo, al
fine di insidiare i lucci che stazionano nascosti sotto a qualche ramo o tronco
sommerso, pronti a sferrare il loro attacco.
Dopo il primo recupero mi accorgo che la corrente è piuttosto
lenta, (confermando l'impressione che avevo avuto nel vedere le foglie che
galleggiavano a pelo dell'acqua), e scende verso il mare. A quest'altezza il
fiume risente comunque della marea, e non è sempre facile pescare a spinning da
riva nelle fasi di marea calante o fortemente crescente. Per fortuna questo è un
problema che non sarò costretto ad affrontare oggi.
Dopo qualche lancio a vuoto provo a cambiare l'esca,
sostituendo il minnow con un Martyn 20g dal fiocco rosso.
Martyn 20
Come al solito lascio che l'artificiale affondi, e lo
recupero facendolo strisciare sul fondo. A differenza del minnow, il Martyn 20 è
molto più pesante ed affonda più rapidamente; è proprio per questa ragione che a
3-4 metri dalla riva mi capita di incagliare l'esca su chissà cosa. Sbuffo
seccato, e mi penso sciocco, perché non è la prima volta che pesco da queste
parti e in quel punto capita spesso di incagliare su qualche ostacolo sommerso,
forse il tronco di un albero o dei pilastri di cemento o delle rocce ricoperte
di rami.
Comincio ad irritarmi perché, su qualunque cosa si sia
incagliato, l'artificiale non vuole saperne di venir fuori da lì. Alla fine mi
rassegno e tiro il filo con decisione, sapendo che il nylon 0.25 sarà il primo
elemento a partire. Stak! E un filo senz'anima galleggia sul pelo dell'acqua.(c.v.d.).
Riprovo con il minnow, e al terzo o quarto lancio abbocca
finalmente qualcosa. Mi illudo che sia un piccolo luccio, perché non lo sento
molto combattivo come dovrebbe. Ben presto scopro che dovrò accontentarmi di un
modesto cavedano (31 cm ; 0.400 Kg circa).
Cavedano di 31 cm e 0.400 kg di peso, catturato con un
minnow
Dopo un altro paio di lanci con il Martyn 20, mi viene voglia
di cambiare posto. Purtroppo il Piave non è un fiume che si presta molto per lo
spinning da riva perché gli accessi diretti al fiume sono limitati, e
solitamente piuttosto distanti tra loro. L'ideale sarebbe pescare con una barca,
magari munita di un silenzioso motore elettrico, ma in alternativa non resta che
aspettare il passaggio del pesce, anche se notoriamente il luccio è un pesce
fortemente territoriale e di conseguenza non si sposta molto.
Comincio a demoralizzarmi, ma mi autoconvinco ad avere
fiducia, e ad insistere con qualche altro lancio. Quello è un posto buono, me lo
sento. Se fossi un luccio non esiterei a metter su casa sotto il ponte
dell'autostrada!
Quel lancio non lo scorderò tanto
facilmente. Mi ero da poco alienato, e continuavo a lanciare e
recuperare il Martyn 20, perso nei miei pensieri, fissando come un ebete una
foglia di pioppo ingiallita dall'autunno. Distolgo di scatto l'attenzione dalla
foglia, quando l'artificiale recuperato s'incaglia all'altezza dei soliti 3-4
metri da riva, proprio dove avevo perso quell'altro in precedenza.
"Stupido!" mi dico, "hai incagliato sullo stesso
punto di prima; e così ti perdi un altro Martyn 20". Ma con stupore osservo
che il filo che affonda in acqua, ancora in tensione, prende a muoversi
lentamente. Rimango ancora più meravigliato quando realizzo che si sta muovendo
controcorrente.
"Ha abboccato! Luccio!" sono queste le uniche parole
che trovano spazio nella mia mente. Ancora quello si muove, sempre con lentezza,
come se non avesse fretta. Non capisco cosa stia facendo là sotto, e francamente
trovo abbastanza improbabile che si stia gustando un pezzo di acciaio. Ma non
faccio in tempo a chiedermi se non si sia per caso allamato un luccio anemico,
che quello parte. Implaccabile. Il Tana Umaga degli esocidi.
Si fa cinque-sei metri in cui non posso far altro che
allentare la frizione e lasciarlo andare. Solo allora si ferma, d'improvviso,
tanto che cresce in me il timore di averlo perduto. E invece no. Come se fossi
finito in Jurassic Park, vedo affiorare una bestia preistorica. Sul pelo
dell'acqua si ferma, fissandomi torvo. L'occhio ferino di una creatura
preistorica ai confini tra la mitologia e la realtà, nel quale brilla il muto
odio dell'assassino. Ricambio lo sguardo, mentre nelle nostre teste echeggia la
severa melodia di un western d'autore, talmente assordante da annichilire ogni
pensiero. Solo istinto. Solo emozione.
Il cuore comincia a pompare e un brivido freddo mi scorre
sulla schiena, quando mi accorgo che sul suo becco il Martyn non è allamato
bene; ho una terribile paura di perderlo. La bestia rimane ferma ancora per
qualche secondo, immobile sul pelo d'acqua, prima di ripartire di nuovo. Dopo
qualche altro minuto di combattimento capisco che comincia a stancarsi. È un
momento delicato, e il guadino mi pare troppo piccolo per un pesce così grosso.
Tuttavia la riva del fiume non mi consente altra scelta, troppo rischioso
pensare di avvicinarlo e braccarlo. Quando lo vedo entrare nel guadino con la
testa capisco che finalmente è fatta. Lo salpo, e vinco la sfida.
Solo quando finalmente lo vedo da vicino mi rendo conto della
sua mostruosità, tanto che ho quasi paura di toccarlo.
Dario e il Luccio da 8 kg per 80 cm, catturato con un
Martyn 20 in Piave
A quel punto ringrazio l'inventore del cellulare e chiamo il
mio socio Nicolino con il cuore che ancora mi pulsa in gola. Con la voce rotta
gli dico di portare la bilancia e di darsi una mossa, perché ne vale la pena.
Quando arriva, Nicolino è un po' seccato per essere stato tirato giù dal letto,
e negli occhi nasconde una malcelata astiosità.
Ma alla vista dell'esocide cambia immediatamente
atteggiamento, e comincia a scattare foto come un paparazzo esagitato. D'altra
parte un luccio di 8 kg per 80 cm è davvero una bella bestia!
Da quel giorno mi sono fatto una promessa: "Dario, tu a 60
anni chiudi baracca e burattini e appendi la canna al chiodo; perché se ne
prendi uno così in tarda età, rischi di schiattare d'infarto".
P.S. Una volta smaltito l'entusiasmo chiedo al socio com'è andata
l'avventura della sera precedente. Scuote la testa e mi risponde: "Cappotto".
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