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Testo di  Davide Castellano
Fotografie di  Davide Castellano
Data Pubblicazione  04/05/2005

Domenica mattina, tempo cupo e piovoso, appuntamento al pontile per la seconda lezione di pesca a traina con il vivo.
I due allievi puntuali. Leggo nei loro occhi una sete incredibile di apprendere, mi sento responsabile per le loro future emozioni, ma io sono emozionato come loro.
In effetti sto per trascorrere una giornata sul mare, non è da tutti, non è poco avere o essersi ritagliati questo grande privilegio.

Si esce dal porto, “Pinnagialla” (la mia nuova barca) fila che è un piacere, finalmente una vera e propria piccola macchina da pesca. Gli apprezzamenti dei due allievi fanno piacere, ma più apprezzano e più cresce in me il senso del dovere di appagare le loro aspettative, in effetti mi invade un senso di angoscia tanto da farmi dubitare sul futuro dei corsi di traina.

Si inizia a trainare per reperire le aguglie, oggi sono svogliate, il colore del cielo non è adatto, cosi quello dell’acqua spazzata dal vento.
Insistendo all’interno di un vivaio di cozze ne prendiamo 5 in tre minuti, può bastare così. Si dirige la barca sul luogo di pesca e dopo la solita e approfondita dimostrazione sull’innesco , si prova a innescare. L’allievo maneggia l’aguglia in modo delicato, quasi non la sfiora, bisogna innescarla in modo tale da tenerla in pesca vitale e guizzante.

Ok, si cala a mare il pesce esca, nuota che è una favola, forse verrà aggredita, forse si salverà.
Solita secca e mangianza sparsa qui e li in modo rarefatto. Di predatori nemmeno l’ombra.
Mille i pensieri che mi sono passati in mente; qui si materializza una figuraccia, l’altra volta mi sono salvato con il dentice, ma mica si può essere fortunati tutte le volte, sarebbe assurdo e ingiusto.
Ma poi il mare è sempre il mare, aspro e duro ma anche dolce e tranquillizzante …………… passano due ore, caspita!, l’ecoscandaglio marca una mangianza appallata che si sposta in maniera troppo rapida verso la cigliata della secca, ragazzi manteniamoci appena fuori dalla mangianza.

Qui sotto sta succedendo qualche cosa. Gennà! Rallenta, fermati quasi, adesso accelera, portati a due nodi e mezzo poi fermati di nuovo.
Qui sotto c’è qualche predatore, bisogna indurlo ad aggredire. Gennà passa lentamente nella mangianza, appena ci sei sopra accelera e fai schizzare l’esca fuori …………………….. ecco una fantastica vibrazione, striiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiike, uno, due, tre, quattro, cinque interminabili secondi, serro la frizione sullo strike e do la prima energica pompata.

Mi rendo conto dalla testata che il pesce c’è e se n'è accorto pure di essere ferrato ma …… ma …… quanto è grande?, la lenza sembra essere inchiodata sul fondo, una serie di testate interminabili …. È lei ragazzi, questo è un ricciolone incredibile, Gennà esci dalla secca, portati sui cento metri di fondale.

Inizio a riflettere sulla scelta dell’attrezzatura, una canna 10/30 libbre e un mulinello misura 20, sudo e penso; qui spacco tutto ma il multifibre tiene e il terminale da 60 raddoppiato non mi ha mai tradito, adesso la porto in acqua profonda e poi si vede.
Mi sento osservato, mi innervosisce, i due allievi di turno, occhi sgranati e completamente immobili, stralunati.

Passano circa venti/venticinque minuti, le testate e le fughe verso il fondo sono sempre potenti ma durano di meno, inizia a stancarsi, sembrano passate 2 ore, forse più stanco sono io, ma sento che cede la pompo una due tre quattro volte con una enorme energia, recupero 30/40 metri di multifibre, li riprende lentamente, altri 15/20 minuti, altre 3 o 4 pompate con la canna piegata ad “U”, ormai è sotto la barca a meno di venti metri, la vedo è grande, è ancora in assetto ma ha quasi esaurito le forze.

Gennà cammina a due nodi e vai dritto così, porgo la canna a uno dei due allievi che mi guarda stupito e mi prega di non passargli la canna, in realtà volevo solo aiuto, le gambe non mi tenevano più. Il secondo allievo è più coraggioso, si propone, afferra la canna e rimane immobile per dieci e più secondi, lo tranquillizzo e gli dico: recupera lentamente, fermati quando arriva il terminale. Nell’irreale silenzio verificatosi, un solo rumore! La manovella del mulinello.

Altri 10 interminabili minuti e arriva il terminale, la ricciola viene su, ormai su di un fianco, bella e possente da togliere il fiato. Gennà passami il raffio e ritorna al timone e non distrarti, falla venire di fianco che questa riparte. Calo il raffio e l’aspetto, eccola, vieni qui da zio Davide …… l’ultima partenza ….. difatti parte a testa in giù e si impicca sul raffio da sola.
Ragazzi la tengo, non vi mettete tutti sullo stesso lato della barca. Affido a Gennaro il raffio, mi libero la mano e afferro la mascella della ricciola e la tiro sul predellino di poppa ……….. La tiro? Macchè questa sarà 40 kili, incappiamogli la coda e la tiriamo, mani nervose e tremolanti ad eseguire un cappio fatto 100 o mille volte, anche Gennaro, esperto pilota che ne ha visto di pescioni, è emozionato.

In 4 a tirarla su, ora è a bordo. 10 secondi di silenzio di tomba, all’unisono le urla di gioia, pacche sulle spalle e grande soddisfazione.
Mi prende una specie di tristezza, vedere la ricciola grande e sconfitta che trema nei suoi ultimi attimi di vita, il suo ultimo sguardo mi intristisce, lo ricorderò per sempre. Grande rispetto per questa regina. Sento solo il vociare confuso degli altri e vedo la scia veloce della barca che torna in porto. Il fido Pilota Gennaro ha capito tutto senza parlare, rimette le aguglie in libertà, mette a posto l’attrezzatura e senza chiedere a nessuno dirige la barca verso casa. Lui si che mi conosce, compagno di tante pescate, sa che il capitano ha pensato: basta cosi.

Penso tra me e me, ma vedi che fortuna questi due che sono venuti stamattina, ma vedi che fortuna che ho avuto a beccare questo pesce, meritiamo tanto?
44 kili di ricciola, erano tre anni che non ne prendevo una cosi, due grandi le avevo perse l’anno scorso ma non erano cosi, oggi il mare mi ha dato più di quello che dovevo avere, se per le prossime mille volte non avrò niente devo solo stare zitto e aspettare.

Non ho fatto pagare la lezione ai due tizi, gli ho regalato la ricciola, non potevo tenerla, sarebbe stato troppo. Ho guardato il cielo, era buio e nuvoloso, cupo ma rassicurante al tempo stesso. Un’altra fantastica giornata passata sul mare, non me ne importa di niente con la gratitudine dei due allievi e con il malinconico ultimo sguardo della ricciola impresso nella mente.
Non andrò a ricciole per un bel po', non serve, Gennaro lo sa e non mi chiederà di andare, ne porterà altri sulla secca. A distanza di qualche giorno sono tornato in barca a controllare se avevo lasciato tutto a posto, i vicini di barca mi hanno detto che giorni prima avevano visto due tizi con una ricciola gigantesca sul tetto della panda e mi chiedevano dove mai avrebbero potuta prenderla.

Gli ho risposto semplicemente, allargando le braccia, che il mare è grande.
 



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